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mercoledì 20 ottobre 2010

Vieni via con me - un altro caso di censura preventiva ?


Destra e sinistra, sono per me paradigmi in cui come tifosi in uno stadio, da 16 anni sono stati ingabbiati i cittadini italiani. Comunque la si pensi, ingenuamente ritengo ci siano dei temi in cui i giudizi dovrebbero essere avulsi dalle eventuali appartenenze politiche.

Sulla camorra e su cosa nostra, ad esempio, non accetto opinioni diverse dalla semplice condanna senza se e senza ma. Chi cerca delle sfumature grige e propone dialoghi e deliranti teorie basate su prospettive sociologiche e storiche, è per me schierato già dalla parte sbagliata.

Per questo ritengo che i vari episodi di "censura preventiva" a cui assistiamo da tempo, attuati in RAI, meritino prese di posizioni chiare e nette da parte della società civile.

L'ultimo fatto risale alla messa in onda della trasmissione "Vieni via con me" che dovrebbe essere presentata da Fabio Fazio. Tra gli ospiti previsti, lo scrittore Roberto Saviano ed il premio oscar Roberto Benigni.

Come testimoniato da Saviano ieri al TG della LA7 di Mentana, c'è in atto un vero e proprio tentativo di ostacolare la messa in onda del programma. Un giorno modificando il palinsesto in cui inserirla (forse alle 3 di notte della domenica andrebbe bene a Masi ...) e poi in merito al compenso degli ospiti concordato con la RAI che è bene ricordarlo, ha già venduto a caro prezzo gli spazi pubblicitari previsti ...

Nella pegggiore delle ipotesi, ho il sospetto che qualcuno tema le denunce di Saviano e stia facendo di tutto per ridurre la visibilità della trasmissione. Nella "migliore" che il direttore generale della RAI Masi stia attuando una vera e propria strategia per distruggere la televisione pubblica (il caso Anno zero pare emblematico) a vantaggio di chi pare superfluo sottolinearlo.

Spero di essere clamorosamente smentito dai fatti. Ma come scrivevo recentemente parlando di economia, senza informazione non si vive in una vera democrazia.

Concludo dando una buona notizia. E'opinione di alcuni addetti ai lavori che sia improbabile la cancellazione del programma perchè, alla luce delle polemiche di questi giorni, la figuraccia sarebbe troppo evidente e insostenibile.

Me lo auguro ... ma mi chiedo questi signori sanno cosa sia la vergogna ?

martedì 29 giugno 2010

Mangano non era un eroe ... ma un mafioso

Secondo la corte d'appello del tribunale di Palermo, Marcello dell'Utri ha avuto rapporti penalmente rilevanti con la mafia.

Questa sentenza, come tutte quelle emesse da un tribunale di un paese democratico, non si commenta ma si rispetta.

Secondo il nostro ordinamento, il senatore del popolo delle libertà, ha un altro grado di giudizio per dimostrare la sua innocenza, fino ad allora mi limiterò a prendere atto delle decisioni dei giudici palermitani.

Non posso invece non sottolineare, al contrario di chi ha deciso di difendere tout court il senatore più per partito preso che per un'effettiva conoscenza delle carte processuali che su una cosa non potrò mai essere d'accordo con il senatore siciliano, Mangano non era un eroe, ma un assassino, un mafioso che ha commesso reati che ogni siciliano dovrebbe condannare senza se e senza ma ... gli eroi per noi siciliani onesti, sono altri e sono quegli uomini che hanno pagato con la vita, la lotta a cosa nostra.

Un pò di rispetto almeno per loro, se non riesce ad averlo per se stesso, caro senatore Dell'Utri.

mercoledì 9 dicembre 2009

Le coincidenze ...

Con tempismo da fare invidia al segnale orario dell'istituto Galileo Ferraris di Torino, all'indomani dalle accuse rivolte a Berlusconi e Dell'Utri di collusione con la mafia (tutte da verificare) da parte del mafioso Spatuzza e del No B Day, sono stati arrestati due latitanti mafiosi Nicchi e Fidanzati.

Non credo che Dio abbia giocato a dadi durante la creazione nè a queste strane coincidenze. Spero di sbagliarmi ma le dichiarazioni di Gioacchino Genchi mi hanno fatto pensare ...

sabato 17 ottobre 2009

Canale 5 pedina il giudice Mesiano ...

Berlusconi ha parlato più volte di un uso criminoso della televisione da parte della RAI. La lezione è stata evidentemente appresa dai suoi giornalisti che hanno deciso di pedinare il magistrato Mesiano cercando macchie nella sua vita privata che in qualche modo potessero mettere in discussione la sua capacità come magistrato di giudicare equamente.

Per comprendere la gravità di questo "servizietto" giornalistico, bisogna ricordare lo scandalo legato alla sentenza del "lodo mondadori". L'avvocato Cesare Previti corruppe con 2,7 milioni di dollari uno dei giudici che emise la sentenza favorevole al gruppo del cavaliere.
Il giudice Raimondo Mesiano qualche giorno fa ha emesso la sentenza che stabilisce in 750 milioni di euro il risarcimento che la Fininvest dovrà liquidare alla Cir di De Benedetti per la vendita della Mondadori.

Non entro nel merito della sentenza, 750 milioni di euro mi sembrano un rimborso abnorme, ma vorrei sottolineare che la televisione del cavaliere ha mandato un messaggio di chiaro stampo mafioso.

Chiunque "oserà" indagare o semplicemente criticherà i comportamenti discutibili nella vita privata di un uomo pubblico, come il premier, verra' messo alla berlina, la sua vita scandagliata in cerca della piu' piccola e insignificante mancanza ... proprio in stile mafioso.

Così la mafia scredita i propri nemici, delegittimando le loro idee ... o nel caso di un giudice, il suo lavoro.

Siamo solo all'inizio della resa dei conti, dopo i seni sbattuti in prima pagina alla ex signora Berlusconi (velina ingrata) ed aver dato dell'omosessuale ricattatore all'ex direttore di Avvenire, ora si scava nella vita dei giudici che lavorano sui processi del premier.

Incomincio a temere davvero per il futuro del nostro paese.

giovedì 10 settembre 2009

Peggio di Crisantemi ...

L'Italia è un popolo di allenatori di calcio. Se fossero appassionati così di politica, forse non saremmo costretti a sorbirci dal 1994, l'utilizzatore finale che ci sta facendo prendere per i fondelli da mezzo mondo.

Comunque chi scrive non è indenne da questa malattia nazionale. Mi consola sapere che ci sono fior fior di intellettuali che si disperano per 22 imbecilli che vanno dietro ad un pallone.

A peggiorar le cose, come squadra del cuore non mi sono scelto né il Manchester United né il Barcellona, ma il team della mia città natale, il Catania.

Il Catania ad onor del vero, qualche soddisfazione me l'ha data negli ultimi anni.

La gestione Pulvirenti-Lo Monaco, dopo solo due anni di purgatorio in serie B, ha riportato la squadra a disputare per la quarta stagione consecutiva, il massimo campionato italiano.

Per capire l'eccezionalità dell'evento, basti ricordare che in tutta la sua storia, il Calcio Catania ha giocato solo 12 stagioni in serie A. Mentre risale addirittura al campionato 1963/64 la sua quarta permanena consecutiva nella massima serie.

Numeri alla mano, ci sarebbe poco da lamentarsi. La società del resto, ha un progetto chiaro e sostenibile. Lo scorso Giugno sono partiti i lavori per il Centro Sportivo (20 milioni di euro costo stimato) che permetterà alla società etnea di investire sui giovani del territorio, puntando solo a quello che una piccola squadra può permettersi. Fare crescere in casa propria i campioncini di domani.

Altra iniziativa degna di lode, come parte integrante della recente convenzione siglata tra il comune di Catania e la società etnea, è quella che riguarda la ristrutturazione di alcune impianti sportivi abbandonati, siti nei quartieri più disagiati e poveri della città. Queste strutture, a spese della società etnea, verrano trasformati in scuole calcio gestite direttamente dal settore giovanile del Catania.

E' superfluo sottolineare che in mezzo al nulla cosmico, questa rappresenti una grande occasione per tanti giovani ragazzi residenti in quei quartieri che, altrimenti, rischierebbero seriamente di essere destinati ad ingrossare le fila dell'esercito di cosa nostra.

Sul campo le cose però non sono iniziate nel migliore dei modi quest'anno. Il Catania ha perso le prime due partite di campionato con il medesimo punteggio 1 - 2.

In malo modo ad onor del vero, nonostante la rete subita al 94°, nell'esordio casalingo contro la Sampdoria e forse immeritatamente a Parma contro la compagine locale.

Questo ha scatenato una serie di polemiche e critiche che onestamente definire disfattiste, pare a chi scrive un eufemismo.

E' palese che con la possibilità di accedere alla torta dei diritti TV collettivi, nessuna squadra, specie le provinciali, può permettersi il lusso di retrocedere in serie B.

Lo sforzo economico nella recente campagna acquisti (insolitamente chiusa in negativo per la società di via Ferrante Aporti) testimonia la volontà del direttore Lo Monaco, di confermare per la quinta stagione consecutiva nella massima serie, la squadra che fu dei presidenti Ignazio Marcoccio e del compianto Angelo Massimino.

A leggere le critiche sui vari forum dedicati al Calcio Catania, viene da pensare che questo cupo pessimismo, sia dovuto più che ai risultati sportivi, ad una patologia locale che dimostra, a pensar bene, il solito spirito che da sempre distingue i catanesi (Verga docet).

Mi pare prematuro stilare bilanci definitivi, dopo solo due partite, sia sulla qualità della rosa che sul neo tecnico Atzori.

Ritengo invece che alcuni miei concittadini, visto il valore aggiunto che questa società sta apportando al territorio (a livello occupazionale più di duecento persone), farebbero bene a sostenere e difendere con i denti la permanenza nella massima serie, piuttosto che far apparire in confronto, il mitico Crisantemi, un gaudente ottimista.

sabato 23 maggio 2009

Giovanni Falcone un grande Siciliano

In un paese trasformato in un gigantesco Truman Show dal pifferaio di Arcore, il mondo è diviso in due categorie i buoni ed i magistrati !

Giovanni Falcone faceva parte senza ombra di dubbio della seconda categoria. Teneva a sottolineare, dopo la nomina a Superprocuratore anti mafia (il giorno prima della sua morte) che non si sarebbe dimesso dalla magistratura.

La mafia, secondo Giovanni Falcone, era ed è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi una fine. Le sue idee però vivranno sempre e troveranno linfa vitale da quel vile attentato che tolse la vita al magistrato siciliano e la moglie, il 23 Maggio di diciassette anni fa.

martedì 24 marzo 2009

Perché Raffaele Lombardo è così popolare?

Tony Zermo, il giornalista "d'assalto" della Sicilia, a cui questo blog dedica da tempo la sua attenzione, ha le idee chiare sulle ragioni che hanno portato l'attuale presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, ad essere giudicato da un'indagine del Sole 24 ore curata da Ipr marketing, il governatore più "popolare" d'Italia.

La "popolarità" del presidente Lombardo, secondo Zermo, è da ricercare nel fatto che il leader del Mpa è l’unico che per la prima volta alza la voce per la sua terra e guida un partito autonomistico, alleato, ma non omologato al Pdl. E questo piace alla gente !

Ieri sera ho visto su Current TV (canale 130 bouquet sky), un'inchiesta curata da un ragazzo palermitano, Emanuele, sul voto di scambio in Sicilia e sul sistema clientelare che lo sostiene.

L'inchiesta ha un titolo che merita un'ulteriore analisi: Quannu mori l'erba tinta?

L'erba "tinta" cattiva non muore mai. Questa è la conclusione a cui è arrivato Emanuele. L'erba tinta è rappresentata dalla classe politica Siciliana che volutamente si prodiga per tenere la regione, in uno stato di degrado ignobile, costringendo i cittadini, ad elemosinare ogni singolo diritto, dal ricovero ospedaliero al posto di lavoro.

Il posto di lavoro è ormai senza dubbio, la risorsa più preziosa nell'Isola.

Suggerisco al giornalista catanese, di vedere questa inchiesta. Sono certo che lo aiuterà a rivedere parte delle sue teorie, in merito alle ragioni che stanno dietro al consenso espresso dai cittadini siciliani, al successore di Totò Cuffaro.

Recentemente altre inchieste sono state realizzate sul voto di scambio in Sicilia. Vorrei citare su tutte la puntata di Exit trasmessa da La 7 il 21 aprile "Il segreto dell'urna" di Claudia Di Pasquale e Teresa Paola che getta ombra sul ruolo dei patronati nella città di Catania durante le ultime elezioni regionali.

E' di Alfio Sciacca l'inchiesta in cui si denuncia l'assunzione di 500 persone durante la presidenza di Lombardo alla provincia di Catania. Secondo Sciacca, Catania è un serbatoio di voti a cui Lombardo attinge "arruolando" nel suo esercito ex missini, ex verdi, ex comunisti: l'importante è che portino consensi.

Merita una menzione anche il ritrovamento di una presunta lista di "raccomandati" che giustificherebbe, se fosse davvero confermata la tesi di chi ne ha denunciato l'esistenza, l'elezione plebiscitaria di Raffele Lombardo che, più di altri, sembrerebbe aver fatte sue queste "linee politiche" in barba ai principi basilari della democrazia ed alla legge contro il voto di scambio.

Alla luce di tutto ciò, ritengo che il movimento fondato da Raffaele Lombardo MPA, non abbia davvero nulla a che vedere con le esigenze reali di una "new governance", per la Regione Siciliana.

L'autonomia in Sicilia, esiste da 60 anni ed ha prodotto quello che è sotto i nostri occhi, degrado, clientele e sottosviluppo del territorio.

Temo invece che l'ulteriore autonomia richiesta dal movimento di Lombardo, abbia come scopo reale, la cancellazione dei pochi controlli ancora presenti sulle amministrazioni locali e sulla gestione delle risorse finanziarie, destinate al territorio.

Questo a tutto discapito della lotta contro la criminalità mafiosa, della crescita imprenditoriale in Sicilia, dell'innovazione e del sostegno dei lavoratori dell'isola.

A queste conclusioni non sono giunto solo io insieme a pochi gruppi di irriducibili bolscevici, ma esponenti di un certo rilievo della società civile, su tutti il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello che rivolgendosi all'assemblea regionale dice: "Qui la crisi economica è più pesante che nel resto del Paese". "Non è più tempo di distribuire risorse assistenziali a pioggia".

Paradossalmente l'unico modo per estirpare "l'erba tinta" siciliana, è l'accelerazione delle riforme federaliste propugnate dal movimento di Lombardo e dalla Lega Nord. In particolare mi riferisco alla realizzazione del federalismo fiscale che, se attuato realmente, chiuderebbe i "rubinetti" che hanno finanziato il sistema clientelare e di potere, di cui Lombardo oggi è il maggiore esponente.

mercoledì 4 febbraio 2009

Come si stava bene con i Cavalieri del lavoro a Catania ...

Nella Catania dei 100 omicidi all'anno un uomo osò dichiarare al mondo che il re era nudo. La mafia a Catania esisteva ed insieme ad una classe politica indecente ed ai cosiddetti cavalieri del lavoro, faceva il bello ed il cattivo tempo.

Qualche settimana fa sentivo una signora anziana lamentarsi che la decadenza della città di Catania era da addebitare ai giudici comunisti e a mani pulite a quel Di Pietro. Come si viveva bene quando c'erano i cavalieri del lavoro. Chi voleva lavorare lavorava ed i soldi c'erano per tutti. Meno male che c'é "Bilusconi" aggiungeva, lui si che salverà l'Italia.

Non biasimo quella signora, persone perbene sono davvero ancora convinte che dietro l'omicidio di Giuseppe Fava ci sia tutto tranne che la mafia: storia di corna di pedofilia e chi più ne ha più ne metta. E' così che la mafia colpisce anche da morti i propri nemici, delegittimandoli.

Difficile da credere, ma la qualità dell'informazione nella mia città è paradossalmente peggiorata. Un unico editore, Mario Ciancio che controlla tutti i media, un piccolo Berlusconi locale che ha avuto la saggezza di non esporsi e di non ritenersi unto dal Signore.

La RAI ha ricordato il 25esimo anniversario della morte di Pippo Fava mandando in onda una bellissima puntata della Storia siamo noi.

Per non turbare le coscienze ed evitare di organizzare trasmissioni "riparatorie", la puntata è stata trasmessa in piena notte sulla terza rete ... comunque adesso è disponibile on line. Sarebbe bello che la signora citata sopra, avesse la possibilità di vederla ...

martedì 13 gennaio 2009

La storia siamo noi - Giuseppe Fava

Mercoledì 14 Gennaio alle 23 e 20 su RAI Due, verrà trasmessa una puntata del programma di Rai Educational - La storia siamo noi dedicata al GIORNALISTA Giuseppe Fava ucciso dalla mafia 25 anni fa.

Sul portale del programma è disponibile il trailer della puntata che è stata proiettata in anteprima la scorsa settimana a Catania.

Almeno per quest'anno hanno avuto un senso quei 107,50€ pagati per rinnovare il canone RAI ...

lunedì 5 gennaio 2009

La memoria di Claudio Fava

Ho già dedicato un post alla scomparsa di Giuseppe Fava, oggi è il 25° anniversario del suo assassinio e vorrei riportare integralmente il pensiero di suo figlio Claudio.

LA MEMORIA
il 5 gennaio 25 anni dopo

di Claudio Fava

Mi pesa confessarlo: ma venticinque anni dopo l’assassinio di mio padre ho come il sospetto e la rabbia di aver scritto per troppe volte il medesimo pezzo. Nel quale, in buona sostanza, si dice sempre che la memoria non dev’essere liturgia, che i nostri morti non sono morti invano e che male faremmo ad abbassare la guardia, perché la mafia è una brutta bestia soprattutto quando non ha bisogno d’ammazzare. Ecco, cose così: tutte sacrosante. Solo che adesso mi sono stancato. Forse perché tra qualche anno avrò l’età che aveva mio padre quando l’ammazzarono e sento il rischio che di lui mi resti solo questa collezione di editorialini, di cose garbate, di pensieri a modo. Forse perché mi sono dimenticato il suono della sua risata, e di certi cieli, di certi sapori che appartenevano solo a noi, e che sono finiti anch’essi nel tritacarne del tempo, impastati con gli onestissimi pensieri pubblici, con le considerazioni politicamente corrette senza che mai ci fosse concessa una sbavatura o una bestemmia.

Allora, oggi mi piace pensare ai vivi, non ai morti. A un tempo che non è trascorso invano e che però mi sembra egualmente sprecato, rabberciato. Insomma, lo sapete o no che nella città che ammazzò mio padre non riuscimmo nemmeno a pubblicare il necrologio sulla sua morte perché spendere in quell’epitaffio la parola mafia non si poteva e non si doveva? Lo sapete o no che l’editore del giornale che impedì quel necrologio, Mario Ciancio, è ancora al suo posto, riveritissimno padrone del suo quotidiano e di altre cento testate? Lo sapete o no che non uno dei poliziotti, dei magistrati, dei giornalisti e dei ministri che protessero Nitto Santapaola, cioè l’assassino di mio padre, ha mai pagato il prezzo di quell’infamia? Chi benevolmente trasferito, chi accompagnato alla pensione, chi invitato a insegnare la propria sapienza all’università… Todos caballeros, nonostante per un quarto di secolo i loro nomi siano stati offerti allo sfregio della storia. Lo sapete o no che le lettere della famiglia Santapaola, padre e figli reclusi al 41 bis, vengono oggi impunemente pubblicate sul quotidiano della loro città per far capire a chi deve capire chi comanda ancora laggiù? Vi siete accorti, dopo un quarto di secolo di ritualissime parole, che a questo paese della lotta alla mafia non fotte più quasi nulla? Che il mio ex partito ha mandato in parlamento gli amici dei mafiosi che poi altrimenti passiamo tutti per giacobini?

Queste e cento altre impronunciabili cose le sappiamo ormai a memoria. Ma quando c’è da ricordare i nostri morti, ce le teniamo in tasca. Allora, se permettete, mi tengo in tasca anch’io quello che ho dentro oggi, pensando a mio padre ammazzato dalla mafia in una sera infame di venticinque anni fa.


Giuseppe Fava source fondazione Giuseppe Fava

sabato 3 gennaio 2009

Il concetto etico del giornalismo ...


« Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell'ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. »

Mai come oggi sono attuali le parole di Pippo Fava. Il 5 Gennaio 1984, esattamente 25 anni fa, Nitto Santapaola decise di spegnere quella voce, con cinque proiettili calibro 7,65 sparati alla nuca da Aldo Ercolano e Maurizio Avola, killer della cosca del capo mafia catanese.

Evidentemente, con buona pace dei detrattori del giornalista catanese, l'articolo intitolato I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa che denunciava le attività illecite di quattro imprenditori catanesi, Carmelo Costanzo, Gaetano Graci, Mario Rendo e Francesco Finocchiaro, aveva colpito nel segno.

Dopo cinque lustri l'informazione a Catania ha subito un'ulteriore involuzione. Un unico editore (padrone) Mario Ciancio che impone di fatto un solo quotidiano, impedendo a testate nazionali come la Repubblica, financo di creare una pagina locale.

Caro Pippo ci manchi, siamo stanchi di "giornalai" che propugnano la costruzione di inutili ponti sullo stretto di Messina ed invitano i ragazzi siciliani a mangiare pane ed olive piuttosto che mettersi in discussione cercando altrove la possibilità di crescere professionalmente.

Se Catania è regredita così tanto negli ultimi 25 anni (altro che Milano del Sud), è forse dovuto anche a quei "giornalisti" che hanno sposato un'etica che è agli antipodi da quella da te auspicata quasi 30 anni fa.

venerdì 24 ottobre 2008

Caro Dottor Tony Zermo ...

Da Zermoposta: in un momento difficile per la città, la domanda torna di attualità, soprattutto se riferita ai giovani: troppi vivono alla giornata, altri vanno via in cerca di miglior fortuna. Ma meglio mangiare pane e olive della propria terra che lavorare fuori, dove si sarà sempre «emigrati»

Io amo Catania e sarei stato disposto anche a mangiare pane ed olive pur di rimanere nella mia terra. Il problema è che se non tengo la schiena dritta il mangiare non riesce ad andare giù.

Mi scusi per la domanda aggressiva e polemica Dottor Zermo, ma come ha fatto lei a deglutire in tutti questi anni?

Mi spiace non mostrare alcuna benevolenza nei suoi confronti, niente di personale per carità, ma questa sua riflessione mi pare, a pensar bene tardiva, a pensar male piena di tanta ipocrisia.

Il suo stile di giornalista, a mio modesto parere, è degno dei peggiori lacché che questa terra disgraziata ha sfornato negli anni. Non cito il caso Fava, troppo semplice e lontano nel tempo, mi limito invece a menzionare un episodio più recente: quella trasmissione televisiva, su Sicilia Channel, il giorno della condanna a primo grado dell'ex governatore della regione Sicilia. Lei ed i suoi colleghi, incoraggiavano con affetto il senatore Cuffaro ad andare avanti (cioé a non dimettersi), suggerendogli inoltre di non sbagliare più perché avrebbe avuto, da quel momento in poi, gli occhi addosso di tutti i media. Giornalismo d'assalto non c'é che dire ...

Leggere i suoi articoli, quelle poche volte che ne trovo il coraggio, mi suscita sempre un senso di rabbia e vari attacchi di ulcera ... quanto talento sprecato ...

Chiarisco, lei come giornalista aveva ed ha qualche responsabilità in più dei suoi concittadini "silenziosi". Lei avrebbe dovuto aiutarci a conoscere la verità, denunciare ed indagare, chiedere e pretendere risposte, piuttosto che fare da cassa di risonanza a quei politici che amano solo ciò che produce loro, qualche bieco interesse.

Attenzione, lo so che molti, me compreso, gli hanno citati come cause primarie del disastro che ha colpito la nostra amata Catania. Ma è bene ricordare che questi signori non vengono da Marte, ma sono stati scelti dai catanesi e temo ne rappresentino pienamente le presunte "qualità".

Leggevo su un libro che consiglio ad ogni manager (Hot Spots di Lynda Gratton) che solo le aziende in cui si crea uno spirito collaborativo, riescono ad eccellere in maniera duratura nel tempo. Mentre Aristotele parlava di due qualità necessarie: l'eccellenza morale e quella intellettuale.

Sperando di essere smentito presto, non posso escludere che lei eccelle nella seconda qualità aristotelica, ma mi permetta di esternare qualche dubbio sulla prima.

Cordialmente

mercoledì 15 ottobre 2008

Chi parte e chi resta ...

La deriva italiana sembra inarrestabile. Così nessuno si straccia le vesti al pensiero che, grazie all'ennesima legge ad personam del governo, il giudice ammazza sentenze, il fiero oppositore dei "professionisti dell'antimafia" Falcone-Borsellino, Corrado Carnevale, possa essere reintegrato alla corte di cassazione.

Nel gioco del "do ut est" rientra anche la scandalosa proposta del popolo delle "libertà" di candidare alla consulta il legale del premier, Gaetano Pecorella e poco importa che il senatore sia attualmente indagato dalla giustiza e che una sua eventuale elezione potrebbe mettere al riparo il Lodo Alfano (ex lodo "schifezza").

In questo bailamme da repubblica delle banane, leggo con tristezza le dichiarazioni dell'autore di Gomorra, Roberto Saviano. Giorni fa un pentito ha dichiarato che il clan dei casalesi ha deciso di uccidere, entro Natale, lo scrittore napoletano con tutta la sua scorta, in un attentato simile a spettacolarità e crudeltà a quello perpetrato da cosa nostra a Capaci.

Roberto sta pagando duramente l'unica colpa di avere scritto la verità ed una storia che tutti conoscevano ma nessuno osava dire. Ha soli 28 anni, comprendo la sua decisione di andare all'estero per vivere una vita normale, ma se un uomo come Roberto Saviano è costretto ad espatriare e "uomini" come Carnevale e Pecorella, sono proposti a tali cariche all'interno delle nostre istituzioni ... non sarebbe il caso che noi tutti preparassimo le valige?

venerdì 22 agosto 2008

In un paese normale ...

Libri come la Casta e la Deriva di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, i Complici di Lirio Abbate o Gomorra di Roberto Saviano, avrebbero causato una rivoluzione popolare o nella migliore delle ipotesi, un'ondata di sdegno nei confronti della classe dirigente che ha permesso e/o commesso i fatti indicati dai coraggiosi giornalisti.

In Italia, cioé in un paese NON normale, tutto questo scivola via e la spudoratezza di chi ha portato questo paese verso il baratro di un default argentino, oggi appare senza limiti e dobbiamo ancora sopportare in parlamento personaggi che meriterebbero di passare il resto dei loro giorni, in qualche casa circondariale.

martedì 5 agosto 2008

Arrivano i nostri ...


Ieri mattina alle 6.30, con puntualità teutonica, dalla caserma Santa Barbara di via Perrucchetti a Milano, è partito un piccolo contingente di militari armati di fucile mitragliatore AR 70 Sc. Già alle 7 i soldati avevano presidiato le 12 postazioni previste nel capoluogo lombardo: nove "posti fissi" e tre "pattuglie appiedate".

A regime saranno circa 3000 i soldati impegnati sul territorio nazionale, così come avvenuto nel 1992, con l'operazione vespri siciliani (contro la mafia), i cittadini italiani, grazie alle forze armate, avranno garantita la loro sicurezza (contro chi?).

Stop, bene la prima .... grazie adesso vado a farmi una bella granita all'antica Sicilia, tanto per riprendere confidenza con l'aria di casa ... sai tra neanche 4 giorni iniziano le ferie ... ops ero ancora in diretta? Si è sentito?

Fanno sorridere (o piangere?) le dichiarazioni del ministro della difesa Ignazio La Russa il quale ha affermato che solo i post-sessantottini possono essere contrari a quest'operazione. Onestamente, sconoscevo questo pregressa esperienza del primo cittadino romano Alemanno che proprio non ne vuol sentir parlare di vedere, in piena stagione turistica, la città eterna con militari armati in giro, neanche si trattasse di intercettare qualche cecchino imboscato in un appartamento della devastata Sarajevo.

Se sull'immagine che i turisti in giro per le nostre città possono farsi, i dubbi restano, sulla presunta utilità, preferisco affidarmi a dei professionisti come Nicola Tanzi, segretario del SAP (sindacato autonomo di polizia) che ha affermato testualmente:
... no ad una nuova forza di polizia militare perche' rischia di creare soltanto problemi alla gestione concreta della sicurezza e di assorbire inutilmente risorse ...

Infine, da ex militare di leva, penso a quei professionisti addestrati a sostenere azioni di combattimento in guerra, ed umiliati oggi a dare la caccia a qualche vu cumprà ... per permettere ad Ignazio Jouer ed a qualche suo alleato "padano", di villantare crediti con i propri elettori che a loro si erano affidati per garantire davvero la sicurezza nel nostro paese.

venerdì 18 luglio 2008

Demodè ? ... Ciao Paolo

Nessuno ne parla ... non va più di moda ... è demodé parlare di mafia oggi.

Quando si parla di sicurezza, si pensa agli "scassapagghiari" (ladruncoli di campagna) o ai ROM. Non si capisce che la vera emergenza sicurezza nel nostro paese era ed è la criminalità organizzata. Cioé la prima azienda del paese, grazie ai suoi 90 miliardi di "fatturato" l'anno, circa il 7% del PIL.

Questo lo sapeva bene Paolo Borsellino e lo sapeva anche cosa nostra che esattamente sedici anni fa, il 19 Luglio 1992, uccise il giudice ed i cinque uomini della scorta. Una Fiat 126 parcheggiata in via D'Amelio a Palermo, nei pressi dell'abitazione della madre, con circa 100 kg di tritolo a bordo esplose. Morirono oltre al giudice palermitano Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Paolo Borsellino era cosciente dei rischi che correva. Qualche giorno prima di essere ucciso, durante un incontro organizzato dalla rivista MicroMega, definì se stesso "un morto che cammina". Ma questo non lo fece tentennare neanche un attimo.

Un paese civile non dovrebbe avere bisogno di eroi, altro che Mangano ... Paolo lo era davvero.

mercoledì 16 luglio 2008

Il coraggio di essere onesti ...

Un grande siciliano: Giovanni Falcone, disse una volta:

Chi non ha paura di morire muore una volta sola ...

Per me è facile, dal mio piccolo aventino finnico-meneghino, parlare di coraggio e legalità. Dire cosa è giusto e sbagliato, non esitare a prendere posizione su tutto e tutti ... molto semplice quando si è liberi grazie ad una splendida famiglia, ad un lavoro guadagnato a prezzo di grossi sacrifici, per il quale non si deve dire grazie a nessuno, ma soprattutto quando non si è costretti, nostro malgrado, a vivere la vita da eroi ...

Parlare di coraggio per Giovanni Crescente (già citato nel post Impresa in Sicilia ... si può fare) è certamente meno semplice. Nel suo articolo pubblicato sul numero 2 di "le nostre imprese" del giugno 2008 edito da Confindustria Caltanissetta, il Direttore di Confindustria CL e AG, parla di aver coraggio in Sicilia.

Mi piace molto come Giovanni affronta il tema. Non assume mai alcun atteggiamento vittimistico, ma analizza con lucidità le sfide che un imprenditore siciliano è costretto ad affrontare se vuole fare impresa nella propria terra.

Per Giovanni, l'imprenditore in Sicilia, non deve solo gestire i naturali rischi legati al business, ma deve scegliere quotidianamente la strada della legalità, non accettando "compromessi" ... vivendo la propria vita con coraggio quindi.

Non so se Giovanni avrà modo di leggere il mio modesto commento al suo articolo, ma mi piacerebbe citargli, un brano del Gattopardo diverso da quello noto, menzionato nel suo, tra Tancredi e Don Fabrizio "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi". Mi riferisco, invece, all'incontro tra il principe di Salina ed il piemontese Chevalley.



Come scrissi qualche tempo fa commentando un articolo di Riccardo Paterni, spero proprio che oggi Don Fabrizio, grazie agli onesti imprenditori radicati nel territorio ed a persone come Giovanni Crescente, possa essere smentito.

venerdì 11 luglio 2008

Impresa in Sicilia? Si può fare ...

A questa conclusione è arrivato l'amico Riccardo Paterni che lo scorso Febbraio ha presentato alla conferenza IAMB 2008 San Diego un business case sviluppato con Meir Russ e Michele Faro della omonima azienda catanese: "The development of a knowledge intensive nursery within a knowledge deprived region: the case study of PIANTE FARO" .

Riccardo pur facendo la spola tra gli Stati Uniti e la sua Lucca, ha sempre dimostrato una notevole sensibilità ed interesse per l'imprenditoria siciliana, collaborando attivamente con il Direttore di Confindustria CL e AG Giovanni Crescente imprenditore da sempre in prima linea contro il racket delle estorsioni nella provincia nissena.