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giovedì 22 gennaio 2009

Pure Microsoft licenzia ...

La BCE ha chiaramente detto che la crisi è appena iniziata e le conseguenze, a prescindere dai rassicuranti appelli del nostro presidente del consiglio, sono davanti agli occhi di tutti.

Questa crisi ha già avuto un impatto pesante e concreto nella nostra società. Centinaia di migliaia di contratti a termine non verranno confermati, le grandi multinazionali hanno tagliato pesantemente tutti i costi interni ed alcuni colossi nel settore auto sono vicini alla bancarotta.

Miliardi di liquidità sono stati iniettati dalle banche centrali, i governi, con soldi pubblici, stanno proteggendo le istituzioni finanziarie più esposte e la risposta del sistema bancario è stata quello di "tenere in pancia gli aiuti", negando di fatto nuovo credito alle aziende ed anzi pretendendo da molte, il rientro immediato dalle loro esposizioni ... diversi aggettivi qualificativi potrebbero riassumere questo comportamento, ma per evitare di scadere nel volgare mi limiterò a definire questo atteggiamento un suicidio.

Però la notizia di Microsoft di tagliare nei prossimi 18 mesi, 5 mila posti di lavoro, mi ha colpito particolarmente perché trovo immorale ed anche strategicamente errato oggi, licenziare personale in aziende che hanno fatto e producono utili, da fare invidia anche in tempi di boom economico.

Mi chiedo se sia saggio continuare a fare scelte strategiche, ignorando le condizioni macro-economiche?
Chiarisco, è impensabile pensare ad aumenti di vendite, ad una crescita senza fine, piuttosto bisognerebbe capire come conquistare quote di mercato in questa fase ed eliminare inutili sprechi. Un pò di austerity non ha mai ucciso nessuno ed oggi i manager di cui le aziende hanno bisogno, sono quelli in grado di navigare a vista.

Tutto è cambiato e considerare ancora gli stessi parametri di valutazione che hanno creato il disastro delle istituzioni finanziarie, mi sembra da stolti. Dopo tutto quelle indicazioni non sono servite a prevenire ad esempio la crisi dei mutui sub-prime e quelle stesse società di ratings che pochi giorni prima del fallimento di Lehman Brothers, ne garantivano la solvibilità, continuano ad influenzare le scelte dei managers e degli investitori.

Banalizzando mi chiedo come una crisi mondiale possa essere risolta licenziando milioni di persone dato che riducendo il potere d'acquisto delle famiglie, non si può che creare un circolo vizioso, le cui conseguenze onestamente non riesco ad immaginare.

martedì 13 gennaio 2009

La storia siamo noi - Giuseppe Fava

Mercoledì 14 Gennaio alle 23 e 20 su RAI Due, verrà trasmessa una puntata del programma di Rai Educational - La storia siamo noi dedicata al GIORNALISTA Giuseppe Fava ucciso dalla mafia 25 anni fa.

Sul portale del programma è disponibile il trailer della puntata che è stata proiettata in anteprima la scorsa settimana a Catania.

Almeno per quest'anno hanno avuto un senso quei 107,50€ pagati per rinnovare il canone RAI ...

lunedì 12 gennaio 2009

Gruppi finanziari poco trasparenti ... a pagare i soliti utenti !!

E' passata quasi nel silenzio dei media un'indagine conoscitiva dell'Antitrust su banche, assicurazioni e società di gestione del risparmio che ha rilevato che l'80% dei gruppi esaminati ha nei propri organismi soggetti con incarichi in concorrenti.

Una percentuale senza paragoni in Europa. Condizione inesistente per le imprese quotate in Spagna e Olanda, pari solo al 26,7% per le aziende quotate a Parigi, al 43,8% per quelle tedesche e il 47,1 per quelle quotate a Londra.

La mancanza di trasparenza nel mercato si traduce in un costo che a pagare sono ovviamente i consumatori. Un esempio su tutti il "cartello" creato de facto tra gli operatori di telefonia mobile, recentemente denunciato da alune associazioni di consumatori, o la presenza di albi che piuttosto che garantire la professionalità dei servizi, agiscono al solo scopo di radicalizzare privilegi e tenere alte le tariffe.

Lo scorso governo aveva tentato, con il decreto contenuto nel "pacchetto Bersani", di introdurre disposizioni di tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali, tutto ciò è naufragato insieme a quel che resta della sinistra italiana.

Una delle iniziative che più avrebbero favorito i consumatori "La class action", risulta probabilmente congelata in qualche commissione parlamentare.

L'attuale governo dovrebbe teoricamente sposare quelle teorie, essendo di vocazione liberale, ma poi a guardare il DNA dei suoi politici ci si accorge che, con buona fede di chi lo ha votato, i suoi esponenti vengono da quei partiti socialisti che hanno trasformato il concetto di statalismo in una sorta di "Milano da bere" nazionale che oggi paga il loro malgoverno con il debito pubblico più alto della storia del paese.

Senza un libero mercato ed una gestione efficiente della spesa pubblica, il sistema Italia è destinato al fallimento. Auguriamoci che gli esponenti dell'attuale classe dirigente, come quel ministro che ha nascosto forse dietro una foto ricordo con il Papa la sua tessera comunista, smettano di scrivere sonetti che renderebbero aurici in confronto, i versi delle canzoni di Brigantoni ed inizi davvero a cambiare in meglio questo paese.

sabato 10 gennaio 2009

La crisi finanziaria ed il primo principio della termodinamica

Temo che a qualcuno non siano ancora chiare le ragioni della crisi finanziaria più grave degli ultimi 80 anni, ma soprattutto e mi riferisco ad alcuni media nazionali che ne mettono paradossalmente in dubbio la reale esistenza, sfuggono le cifre in gioco.

Secondo un'inchiesta della De Zeit, tradotta in italiano dal settimanale on line internazionale, le perdite accumulate dagli istituti finanziari dall'inizio della crisi sarebbero intorno ai 2800 miliardi di dollari. Più del 20% del PIL americano e ben superiore alla ricchezza prodotta nel nostro paese nel 2007 (2100 miliardi di dollari). Mentre ammontano a
23 mila miliardi le perdite registrate dalle borse mondiali nello stesso periodo.

Cosa c'entra in tutto questo il primo principio della termodinamica anche detto, per estensione, legge di conservazione dell'energia?

Chiarisco, sarebbe errato parlare di soldi persi o "bruciati", secondo la Zeit il termine più adeguato dovrebbe essere "evaporati".

In borsa questo fa la differenza perché come il vapore acqueo che una volta raffreddato, si ritrasforma in liquido, i soldi alla fine ritorneranno in tasca ai soliti noti. Infatti, come emerge dall'analisi della Zeit, i 2.800 miliardi di dollari persi con la crisi non sono svaniti nel nulla. Una parte si trova nelle case invendute degli Stati Uniti (990 miliardi di dollari), un'altra nelle tasche dei soliti ricchi come Silvio Berlusconi.

Le solite "calunnie" contro il premier? A metà Ottobre il presidente del consiglio ha acquistato 16 milioni di euro di azioni mediaset quando in borsa il titolo del suo gruppo era ai minimi storici.

Niente di illecito per carità, ma incoraggiare la gente a consumare e ad indebitarsi ancora, mi pare davvero irresponsabile. La crisi, è palese, come nel 1929 è stata creata non certo dalla sfiducia ma soprattutto da un allargamento della forbice tra ricchi e poveri del pianeta.

Ci viene in soccorso allora il sociolo spagnolo Manuel Castells che ci ricorda saggiamente che non sono i consumi a fare la felicità degli uomini. Se vivessimo in un altro modo, lasciando perdere gli stimoli "necessari" all'economia, potremmo usare i nostri soldi per stimolarci la mente perché è lì che si sente la vita.

mercoledì 7 gennaio 2009

Viaggio in Italia (fino a Catania e ritorno)

"Conosci la terra dove fioriscono i limoni?
Nel verde fogliame splendono le arance d'oro
Un vento lieve spira dal cielo azzurro
Tranquillo è il mirto, sereno l'alloro
La conosci tu bene?"
(Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832), Italianische Reise - Viaggio in Italia )


Per motivi di famiglia, sto trascorrendo qualche settimana a Catania, non mi capitava da quasi tre lustri, esattamente dagli anni del sindaco "ciuraru"(*) Enzo Bianco.

Mi sento un pò come Goethe, sorpreso dalla bellezza del posto ed emozionato come un bambino. Provo anche un piccolo senso di colpa, alla luce dei 19 gradi presenti nella città etnea, al pensiero della moglie lasciata sotto 30 cm di neve a Milano.

Il mio punto di osservazione è distorto da sentimenti contrastanti, l'amore infinito per la mia città lasciata con il cuore in gola, gli anni spensierati in cui il problema più grave era dare un esame all'università ed i luoghi ormai perduti della mia infanzia.

Purtroppo Catania è peggiorata negli anni e non capisco come il centro-sinistra, sia riuscito a perdere l'ennesima tornata elettorale, nonostante i disastri della precedente amministrazione "sciampagnino" (*) siano davanti agli occhi di tutti.

La sinistra "vive" a Catania (e non solo) in un universo parallelo, e quindi non mi stupisco decida di "autoreferenziarsi", emulando Barak Obama, su face book ... buona fortuna, ma senza contenuti mi sa che riuscirà solo ad organizzare un aperitivo al Bar Europa !!!

Nel frattempo oggi, su una televisione locale, ho sentito uno dei suoi massimi dirigenti, auspicare l'eliminazione delle preferenze anche nelle elezioni amministrative ... poi nessuno si sorprenda perché la gente non riesce più a distinguere chi sta a destra o a sinistra ...

Nel mio piccolo, amando infinitamente la mia città natale, non posso che fare il tifo per il sindaco Raffaele Stancanelli ed augurarmi che finisca presto questo incubo e che Catania torni ad essere quella raggiante città cantata da Carmen Consoli.



(*) i catanesi amano dare un soprannome ad ogni cosa, se il sindaco uscente fu liquidato con uno sprezzante nomignolo (sciampagnino) non miglior sorte ebbe Enzo Bianco accusato dai suoi detrattori di aver solo apportato migliorie estetiche alla città grazie a piante sparse in qualche spartitraffico ... da qui ciuraro (fiorista)

lunedì 5 gennaio 2009

La memoria di Claudio Fava

Ho già dedicato un post alla scomparsa di Giuseppe Fava, oggi è il 25° anniversario del suo assassinio e vorrei riportare integralmente il pensiero di suo figlio Claudio.

LA MEMORIA
il 5 gennaio 25 anni dopo

di Claudio Fava

Mi pesa confessarlo: ma venticinque anni dopo l’assassinio di mio padre ho come il sospetto e la rabbia di aver scritto per troppe volte il medesimo pezzo. Nel quale, in buona sostanza, si dice sempre che la memoria non dev’essere liturgia, che i nostri morti non sono morti invano e che male faremmo ad abbassare la guardia, perché la mafia è una brutta bestia soprattutto quando non ha bisogno d’ammazzare. Ecco, cose così: tutte sacrosante. Solo che adesso mi sono stancato. Forse perché tra qualche anno avrò l’età che aveva mio padre quando l’ammazzarono e sento il rischio che di lui mi resti solo questa collezione di editorialini, di cose garbate, di pensieri a modo. Forse perché mi sono dimenticato il suono della sua risata, e di certi cieli, di certi sapori che appartenevano solo a noi, e che sono finiti anch’essi nel tritacarne del tempo, impastati con gli onestissimi pensieri pubblici, con le considerazioni politicamente corrette senza che mai ci fosse concessa una sbavatura o una bestemmia.

Allora, oggi mi piace pensare ai vivi, non ai morti. A un tempo che non è trascorso invano e che però mi sembra egualmente sprecato, rabberciato. Insomma, lo sapete o no che nella città che ammazzò mio padre non riuscimmo nemmeno a pubblicare il necrologio sulla sua morte perché spendere in quell’epitaffio la parola mafia non si poteva e non si doveva? Lo sapete o no che l’editore del giornale che impedì quel necrologio, Mario Ciancio, è ancora al suo posto, riveritissimno padrone del suo quotidiano e di altre cento testate? Lo sapete o no che non uno dei poliziotti, dei magistrati, dei giornalisti e dei ministri che protessero Nitto Santapaola, cioè l’assassino di mio padre, ha mai pagato il prezzo di quell’infamia? Chi benevolmente trasferito, chi accompagnato alla pensione, chi invitato a insegnare la propria sapienza all’università… Todos caballeros, nonostante per un quarto di secolo i loro nomi siano stati offerti allo sfregio della storia. Lo sapete o no che le lettere della famiglia Santapaola, padre e figli reclusi al 41 bis, vengono oggi impunemente pubblicate sul quotidiano della loro città per far capire a chi deve capire chi comanda ancora laggiù? Vi siete accorti, dopo un quarto di secolo di ritualissime parole, che a questo paese della lotta alla mafia non fotte più quasi nulla? Che il mio ex partito ha mandato in parlamento gli amici dei mafiosi che poi altrimenti passiamo tutti per giacobini?

Queste e cento altre impronunciabili cose le sappiamo ormai a memoria. Ma quando c’è da ricordare i nostri morti, ce le teniamo in tasca. Allora, se permettete, mi tengo in tasca anch’io quello che ho dentro oggi, pensando a mio padre ammazzato dalla mafia in una sera infame di venticinque anni fa.


Giuseppe Fava source fondazione Giuseppe Fava

sabato 3 gennaio 2009

Il concetto etico del giornalismo ...


« Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell'ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. »

Mai come oggi sono attuali le parole di Pippo Fava. Il 5 Gennaio 1984, esattamente 25 anni fa, Nitto Santapaola decise di spegnere quella voce, con cinque proiettili calibro 7,65 sparati alla nuca da Aldo Ercolano e Maurizio Avola, killer della cosca del capo mafia catanese.

Evidentemente, con buona pace dei detrattori del giornalista catanese, l'articolo intitolato I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa che denunciava le attività illecite di quattro imprenditori catanesi, Carmelo Costanzo, Gaetano Graci, Mario Rendo e Francesco Finocchiaro, aveva colpito nel segno.

Dopo cinque lustri l'informazione a Catania ha subito un'ulteriore involuzione. Un unico editore (padrone) Mario Ciancio che impone di fatto un solo quotidiano, impedendo a testate nazionali come la Repubblica, financo di creare una pagina locale.

Caro Pippo ci manchi, siamo stanchi di "giornalai" che propugnano la costruzione di inutili ponti sullo stretto di Messina ed invitano i ragazzi siciliani a mangiare pane ed olive piuttosto che mettersi in discussione cercando altrove la possibilità di crescere professionalmente.

Se Catania è regredita così tanto negli ultimi 25 anni (altro che Milano del Sud), è forse dovuto anche a quei "giornalisti" che hanno sposato un'etica che è agli antipodi da quella da te auspicata quasi 30 anni fa.