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lunedì 16 febbraio 2009

Quanta umanità e speranza si può trovare in una tragedia familiare

Molti di noi hanno almeno una volta affrontato nella vita esperienze difficili.

Chi ha sofferto per una grave malattia, chi ha affrontato la guerra e le persecuzioni, chi ha perduto il lavoro, chi ha incontrato delle persone sbagliate pensando di trascorrere con loro il resto della propria esistenza trovandosi improvvisamente solo, chi non ha avuto il coraggio di ammettere di avere sbagliato tutto e non è riuscito a riprendere il suo cammino nella vita.

Uno dei miei mantra preferiti è che gli uomini migliori sono quelli che nella propria vita hanno avuto la possibilità di affrontare tanti momenti difficili.

Le difficoltà e le sfide, inevitabilmente, danno il giusto ordine alle cose, ristabiliscono in maniera forzata le corrette priorità.

Chi scrive si ritiene molto fortunato e la mia recente prova è abbastanza comune agli uomini della mia età: affrontare i problemi di salute di un genitore provando a restituire un pò di quell'immenso amore e dei tanti sacrifici fatti, per permetterci di conquistare quel poco che abbiamo.

Le esperienze ci fanno conoscere lati sconosciuti di un'umanità troppo superficialmente definita allo sbando. In mezzo a tanta mediocrità, si trovano oasi di eccellenza, gente che compie il proprio lavoro con immensa passione con ammirabile dedizione.

Questo è quello che ho trovato, passando al fianco di mio padre, tre settimane presso l'unità di Chirurgia Generale dell'Ospedale degli infermi di Rimini diretta dal Dottor Gianfranco Francioni. Coniugare le eccellenze legate alla preparazione professionale indiscussa di medici come Luigi Veneroni, Vittorio Corso (per citare solo quelli che ci sono stati più vicini) e la meravigliosa umanità degli operatori sanitari dell'ospedale riminese, è stata una di quelle belle sorprese che serberò per sempre nel mio cuore.

Un sorriso costa poco, ma l'empatia, l'umanità e la sensibilità non si comprano, sono un dono di Dio, come quella vita che affrontiamo tutti i giorni ritenendoci in modo palesemente fallace, padroni del nostro tempo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

0-4: sono felice come un bambino, forse perché ricordo l'ultima vittoria datata 1993 e perché ho vissuto la risalita dall'Eccellenza, con annessi incidenti di percorso (vedi le cinquine al Barbera).
Grazie ragazzi!