Con negli occhi le immagini delle bare dei sei soldati italiani, mi chiedo ancora una volta se ha senso parlare di missioni di pace per esportare la democrazia.
Non voglio fare alcuna polemica, oggi il pensiero va solamente a quei ragazzi: il capitano Antonio Fortunato, il sergente maggiore Roberto Valente, il caporal maggiore capo Massimiliano Randino e i caporal maggiori scelti Davide Ricchiuto, Giandomenico Pistonani e Matteo Mureddu ed alle loro famiglie che presto, come sempre accaduto, rimarranno sole con il loro dolore. Per questo vorrei citare l'iniziativa del Corriere ed invitare i credenti come me, a pregare per loro.
L'Afganistan è un paese complesso e chi scrive ritiene i talebani soggetti pericolosi innanzitutto verso il loro popolo. Delle bestie, non esiterei, se potessi, ad approvare interventi armati ben più severi. Il popolo afgano non potrà che trovarsi meglio senza quei pazzi assassini al potere.
Ma tornando alla questione, come si può pensare che un processo come la costruzione di una democrazia che i popoli dell'occidente, tra alti e bassi, hanno impiegato quasi 30 secoli a realizzare, possa essere imposto con la forza nel giro di pochi anni da un esercito?
Per il rispetto dei nostri soldati caduti, dovremmo togliere almeno questo velo di disgustosa ipocrisia e chiamare questa una guerra, altro che intevento di pace.
Il blog di Filippo Monastra ... liberi pensieri su tutto quello che mi passa per la testa ...
domenica 20 settembre 2009
giovedì 10 settembre 2009
Peggio di Crisantemi ...
L'Italia è un popolo di allenatori di calcio. Se fossero appassionati così di politica, forse non saremmo costretti a sorbirci dal 1994, l'utilizzatore finale che ci sta facendo prendere per i fondelli da mezzo mondo.
Comunque chi scrive non è indenne da questa malattia nazionale. Mi consola sapere che ci sono fior fior di intellettuali che si disperano per 22 imbecilli che vanno dietro ad un pallone.
A peggiorar le cose, come squadra del cuore non mi sono scelto né il Manchester United né il Barcellona, ma il team della mia città natale, il Catania.
Il Catania ad onor del vero, qualche soddisfazione me l'ha data negli ultimi anni.
La gestione Pulvirenti-Lo Monaco, dopo solo due anni di purgatorio in serie B, ha riportato la squadra a disputare per la quarta stagione consecutiva, il massimo campionato italiano.
Per capire l'eccezionalità dell'evento, basti ricordare che in tutta la sua storia, il Calcio Catania ha giocato solo 12 stagioni in serie A. Mentre risale addirittura al campionato 1963/64 la sua quarta permanena consecutiva nella massima serie.
Numeri alla mano, ci sarebbe poco da lamentarsi. La società del resto, ha un progetto chiaro e sostenibile. Lo scorso Giugno sono partiti i lavori per il Centro Sportivo (20 milioni di euro costo stimato) che permetterà alla società etnea di investire sui giovani del territorio, puntando solo a quello che una piccola squadra può permettersi. Fare crescere in casa propria i campioncini di domani.
Altra iniziativa degna di lode, come parte integrante della recente convenzione siglata tra il comune di Catania e la società etnea, è quella che riguarda la ristrutturazione di alcune impianti sportivi abbandonati, siti nei quartieri più disagiati e poveri della città. Queste strutture, a spese della società etnea, verrano trasformati in scuole calcio gestite direttamente dal settore giovanile del Catania.
E' superfluo sottolineare che in mezzo al nulla cosmico, questa rappresenti una grande occasione per tanti giovani ragazzi residenti in quei quartieri che, altrimenti, rischierebbero seriamente di essere destinati ad ingrossare le fila dell'esercito di cosa nostra.
Sul campo le cose però non sono iniziate nel migliore dei modi quest'anno. Il Catania ha perso le prime due partite di campionato con il medesimo punteggio 1 - 2.
In malo modo ad onor del vero, nonostante la rete subita al 94°, nell'esordio casalingo contro la Sampdoria e forse immeritatamente a Parma contro la compagine locale.
Questo ha scatenato una serie di polemiche e critiche che onestamente definire disfattiste, pare a chi scrive un eufemismo.
E' palese che con la possibilità di accedere alla torta dei diritti TV collettivi, nessuna squadra, specie le provinciali, può permettersi il lusso di retrocedere in serie B.
Lo sforzo economico nella recente campagna acquisti (insolitamente chiusa in negativo per la società di via Ferrante Aporti) testimonia la volontà del direttore Lo Monaco, di confermare per la quinta stagione consecutiva nella massima serie, la squadra che fu dei presidenti Ignazio Marcoccio e del compianto Angelo Massimino.
A leggere le critiche sui vari forum dedicati al Calcio Catania, viene da pensare che questo cupo pessimismo, sia dovuto più che ai risultati sportivi, ad una patologia locale che dimostra, a pensar bene, il solito spirito che da sempre distingue i catanesi (Verga docet).
Mi pare prematuro stilare bilanci definitivi, dopo solo due partite, sia sulla qualità della rosa che sul neo tecnico Atzori.
Ritengo invece che alcuni miei concittadini, visto il valore aggiunto che questa società sta apportando al territorio (a livello occupazionale più di duecento persone), farebbero bene a sostenere e difendere con i denti la permanenza nella massima serie, piuttosto che far apparire in confronto, il mitico Crisantemi, un gaudente ottimista.
Comunque chi scrive non è indenne da questa malattia nazionale. Mi consola sapere che ci sono fior fior di intellettuali che si disperano per 22 imbecilli che vanno dietro ad un pallone.
A peggiorar le cose, come squadra del cuore non mi sono scelto né il Manchester United né il Barcellona, ma il team della mia città natale, il Catania.
Il Catania ad onor del vero, qualche soddisfazione me l'ha data negli ultimi anni.
La gestione Pulvirenti-Lo Monaco, dopo solo due anni di purgatorio in serie B, ha riportato la squadra a disputare per la quarta stagione consecutiva, il massimo campionato italiano.
Per capire l'eccezionalità dell'evento, basti ricordare che in tutta la sua storia, il Calcio Catania ha giocato solo 12 stagioni in serie A. Mentre risale addirittura al campionato 1963/64 la sua quarta permanena consecutiva nella massima serie.
Numeri alla mano, ci sarebbe poco da lamentarsi. La società del resto, ha un progetto chiaro e sostenibile. Lo scorso Giugno sono partiti i lavori per il Centro Sportivo (20 milioni di euro costo stimato) che permetterà alla società etnea di investire sui giovani del territorio, puntando solo a quello che una piccola squadra può permettersi. Fare crescere in casa propria i campioncini di domani.
Altra iniziativa degna di lode, come parte integrante della recente convenzione siglata tra il comune di Catania e la società etnea, è quella che riguarda la ristrutturazione di alcune impianti sportivi abbandonati, siti nei quartieri più disagiati e poveri della città. Queste strutture, a spese della società etnea, verrano trasformati in scuole calcio gestite direttamente dal settore giovanile del Catania.
E' superfluo sottolineare che in mezzo al nulla cosmico, questa rappresenti una grande occasione per tanti giovani ragazzi residenti in quei quartieri che, altrimenti, rischierebbero seriamente di essere destinati ad ingrossare le fila dell'esercito di cosa nostra.
Sul campo le cose però non sono iniziate nel migliore dei modi quest'anno. Il Catania ha perso le prime due partite di campionato con il medesimo punteggio 1 - 2.
In malo modo ad onor del vero, nonostante la rete subita al 94°, nell'esordio casalingo contro la Sampdoria e forse immeritatamente a Parma contro la compagine locale.
Questo ha scatenato una serie di polemiche e critiche che onestamente definire disfattiste, pare a chi scrive un eufemismo.
E' palese che con la possibilità di accedere alla torta dei diritti TV collettivi, nessuna squadra, specie le provinciali, può permettersi il lusso di retrocedere in serie B.
Lo sforzo economico nella recente campagna acquisti (insolitamente chiusa in negativo per la società di via Ferrante Aporti) testimonia la volontà del direttore Lo Monaco, di confermare per la quinta stagione consecutiva nella massima serie, la squadra che fu dei presidenti Ignazio Marcoccio e del compianto Angelo Massimino.
A leggere le critiche sui vari forum dedicati al Calcio Catania, viene da pensare che questo cupo pessimismo, sia dovuto più che ai risultati sportivi, ad una patologia locale che dimostra, a pensar bene, il solito spirito che da sempre distingue i catanesi (Verga docet).
Mi pare prematuro stilare bilanci definitivi, dopo solo due partite, sia sulla qualità della rosa che sul neo tecnico Atzori.
Ritengo invece che alcuni miei concittadini, visto il valore aggiunto che questa società sta apportando al territorio (a livello occupazionale più di duecento persone), farebbero bene a sostenere e difendere con i denti la permanenza nella massima serie, piuttosto che far apparire in confronto, il mitico Crisantemi, un gaudente ottimista.
giovedì 3 settembre 2009
Videocracy come 30 anni di culi e tette hanno lobotomizzato gli italiani
Peccato che nel paese in cui governa il popolo delle "libertà" venga censurato Videocracy film Documentario di Erik Gandini in cui il regista fa una spietata analisi dell'involuzione culturale e dei valori del nostro paese negli ultimi 30 anni.
Ma è davvero questo che si meritano gli italiani? Essere derisi da mezzo mondo e considerati all'estero un popolo di pulcinella?
Ma è davvero questo che si meritano gli italiani? Essere derisi da mezzo mondo e considerati all'estero un popolo di pulcinella?
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